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ARGANESE, LA VERA RICETTA CONTRO LA CRISI: ANTIBIOTICI NON PIÙ ASPIRINE

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Dal dott. Quirico Arganese riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo sulla crisi del sistema murgiano, in particolare del settore del mobile imbottito, fatto di analisi e proposte.

Dottore commercialista e consulente di importanti aziende del territorio, il dott. Arganese è Capogruppo in Consiglio Comunale di “Vivi Cassano – Pd” e dunque in questo scritto unisce l’esperienza professionale alla visione politico-amministrativa del territorio e in particolare di Cassano.

Un documento interessante che ci auguriamo possa suscitare reazioni e dibattito poiché non si esce da situazioni come quella che stiamo vivendo senza il contributo di tutti.

 


Nelle ultime settimane è tornata alla ribalta la drammatica situazione dei dipendenti appartenenti al settore del “salotto” ed in particolare quelli della Natuzzi Spa.

Ho appreso che i Sindaci dei comuni appartenenti al distretto si stanno riunendo, si sono recati presso il Ministero ed hanno consegnato una relazione al Presidente della Repubblica al fine di tentare di concertare una serie di azioni che possano risolvere la situazione di crisi.

La crisi del salotto non è certo una novità e se ne parla da qualche anno. E per poter decidere le azioni giuste per poter “risalire la china” è necessario conoscere i motivi che hanno generato la crisi. Motivi che ci faranno capire che è il “sistema” che non ha funzionato.

Seppur tenendo conto della attuale congiuntura economica sfavorevole, se vogliamo essere seri e dare un giusto contributo è doveroso annunciare che la colpa di questa crisi è un po’ di tutti: Amministrazioni, Stato, imprenditori, Dipendenti e Consulenti.

Infatti, almeno per me addetto ai lavori, sapevamo. A dire il vero vi era la speranza che tale crisi scoppiasse il più tardi possibile.

E così è stato. La crisi si è abbattuta su tutte le imprese anche su quelle grandi ritenute fino a poco tempo fa “immuni” da tutto e tutti.

Svolgendo l’attività di dottore commercialista ho avuto la fortuna o sfortuna di assistere aziende medio e di grandi dimensioni del settore. Questo mi permette di conoscere le cause e le dinamiche che nel tempo, e ripeto nel tempo, hanno portato a questa situazione.

E’ per questo che oggi le discussioni, le riunioni, sia politiche che imprenditoriali degli ultimi tempi, mi fanno sorridere ma mi fanno anche tanta rabbia.

L’unica verità è che oggi è troppo tardi.

La colpa delle amministrazioni: le amministrazioni locali, regionali e nazionali, indipendentemente dallo schieramento politico, sono state totalmente assenti quando le imprese locali 15 anni fa chiedevano infrastrutture o aree industriali per evitare di pagare fitti altissimi o  costretti ad indebitarsi “fino al collo”  in mutui sovradimensionati per la costruzione di capannoni.

Ricordo ancora quando le imprese erano costrette a spedire i contenitori ed i loro prodotti da porti lontanissimi (Napoli, Salerno, ecc.) con i relativi spropositati costi invece che da quello di Bari o Taranto che la Regione non intendeva ancora rammodernare.  Senza parlare della totale assenza di strade  “idonee”.

Vi è stata la incapacità di organizzare una fiera specializzata da parte degli “enti pubblici” (il cui capitale sociale è partecipato dalle amministrazioni) in collaborazione con le associazioni imprenditoriali la quale si poteva benissimo organizzare presso la nostra Fiera del Levante, come invece accade all’estero in altri distretti manifatturieri. In tal modo, oltre ad avere altre opportunità di affari per il territorio, si poteva evitare di costringere gli imprenditori a spendere centinaia di migliaia di euro (anche qualche milione di euro) alle fiere estere specializzate. Oggi perfino al Cina ha importanti fiere del mobile ai quali partecipano i nostri produttori.

Non solo gli enti e le amministrazioni ma anche le banche hanno la loro colpa, seppur lieve, perchè dopo aver guadagnato per tanti anni su queste imprese, senza aver dato un supporto strategico (seppur non di loro competenza), ora lamentano con giusta ragione una sovraesposizione verso tali aziende e la conseguente chiusura dei “rubinetti” sta dando o ha già dato il colpo finale alle imprese.

La colpa dei dipendenti: ebbene anche i dipendenti hanno qualche colpa. Mi ricordo quando si concedevano al miglior offerente (vi era molta domanda) o quando si rifiutavano di spostarsi al di fuori del proprio paese costringendo aziende a mantenere determinate unità produttive inutilmente operative. Per non parlare di una percentuale di “malati” al di sopra della media registrate dalle aziende del settore (con tutto il rispetto per chi li ha avuti per davvero i problemi di salute) perpetrando, in alcuni casi, sia una truffa ai danni dello Stato che danni ben maggiori in termini di produttività alle imprese.

La colpa degli imprenditori: loro hanno mostrato limiti e virtù in misure diverse. Certamente hanno contribuito a creare una situazione di benessere nel nostro territorio seppur di medio periodo. Però non comprendendo i propri limiti e cercare di chiedere aiuto o consigli ad esperti, hanno perso una grande opportunità: quella di utilizzare le risorse accumulate e gli utili di periodo come trampolino di lancio verso un ulteriore livello di sviluppo. Un “next step” fatto di ricerca e sviluppo, diversificazione degli investimenti, massimo utilizzo dei benefici creati dal distretto, etc. etc.. Invece si sono tutti comportati come persone sole ed ognuno credendo che il successo sarebbe durato all’infinito. Invece di seguire le regole della economia aziendale ognuno andava avanti per la sua strada con la propria verità, assoluta, ma sempre frutto di una qualsivoglia forma di emulazione. Vi è stata la gara a chi apriva la azienda più grande, poi a chi seguiva prima e pedissequamente le tracce di Natuzzi in giro per il mondo (stesse nazioni, stesse aree … sorti peggiori) per poi finire alla madre di tutti i deliri di onnipotenza … i negozi monomarca, la realizzazione di un sogno, sempre altrui: l’affermazione del marchio o meglio della “marca” !!! Questa grande illusione generata dalla mente di Pasquale Natuzzi (l’unico con le carte in regola per farlo in termini di risorse finanziarie e know how) ha infettato come un virus qualche imprenditore con risultati controversi. Non è un segreto che i negozi monomarca rappresentino ad oggi una delle principali voci di perdita nel bilancio della Natuzzi.

Purtroppo si è constata l’incapacità di reinventarsi, progettare e saper vendere un prodotto di fascia medio-alta come risposta alle nuove sfide lanciate dal prodotto made in China.

L’unico metro di valutazione era il “fatturato” certamente con delle eccezioni di aziende che si sono “vocate” alla qualità piuttosto che alla quantità. Fate attenzione però che solo quelle aziende che lo hanno detto e fatto fino in fondo oggi non hanno particolari problemi. Altre aziende invece, sono cascate nel vizioso circolo del volume ad ogni costo, basando il proprio impero “de facto” sui fatturati prodotti da pochi, poco redditizi, clienti. Chi vive o ha vissuto nel mondo del salotto sa che dietro i “fallimenti” di alcuni nomi del salotto, complici, anche, le difficoltà legate a cambi e congiuntura economica, vi sono i “clienti” importanti che hanno messo in ginocchio i propri fornitori “privilegiati”. Bisogna anche dire ad onor del vero che la cosa più indecente è che mentre si da la colpa alla crisi ed alla congiuntura reclamando ammortizzatori sociali e soluzioni “chiavi in mano” dal Governo, si continua a lavorare continuando a delocalizzare le imprese e le produzioni con l’utilizzo degli stessi ammortizzatori, pagati con i nostri soldi di contribuenti, come combustibile di riserva per traghettare l’impresa verso altri “luoghi” fuori dalla Puglia e dall’Italia liberandosi della “zavorra” (che per le imprese sono i dipendenti stessi) .

Certo col senno del poi è facile scrivere e giudicare.

Anche noi consulenti abbiamo la nostra colpa che è quella di aver saputo e di aver previsto tutto questo ma non abbiamo avuto il coraggio di “impuntarci” e di “contraddire” gli imprenditori in alcune scelte non giuste sotto il profilo strategico per non metterceli “contro”.

Constatiamo pertanto un sistema che non ha funzionato e se guardiamo la storia economica non posso che essere pessimista sul futuro del salotto (vedi la fine dei maglifici e dei tomaifici nel nostro territorio) ma d’altra parte ho grande fiducia nel mondo imprenditoriale locale che saprà da solo e senza aiuti, riconvertirsi per rilanciare lo sviluppo nel nostro territorio seppur per questo ci vorrà del tempo. E a dire il vero alcune aziende, tra le quali vi sono dei miei clienti, a loro spese hanno già iniziato la riconversione.

La riconversione o i settori di investimento non possono essere “dettati” dai politici. Penso che la classe politica adesso debba intervenire con una serie di “aiuti” ed “incentivi” seri e pratici sul nostro territorio per attrarre investimenti e sostenere le “start up” di riconversione dei  nostri imprenditori con contributi su alcune tipologie di spesa (formazione sui dipendenti e spese promozionali). E soprattutto realizzando e riammodernando le infrastrutture per evitare di ripetere gli errori del passato.

Questa volta al nostro territorio ed alle nostre imprese non si possono dare le classiche  “aspirine” : questa volta, hanno bisogno di un vero “antibiotico”!

Infatti sono alquanto scettico di alcune “ricette” di cui sento parlare: si discute di agroindustria, di turismo, di fonti rinnovabili e di strategie della diversificazione.

Sento parlare dell’agro-industriale quale settore trainante per l’intera economia locale che ci porterebbe fuori dall’attuale situazione. Penso che abbiamo troppo fiducia in un settore quale quello agricolo che vede l’abbandono delle attività agricole sul nostro territorio. Senza tener conto che nel 2012 le politiche comunitarie inizieranno a lasciare pezzi di sostegno alla nostra agricoltura e questo potrebbe segnare la vera fine e l’abbandono definitivo di qualunque forma redditizia nel campo agricolo.

Inoltre per “lanciare” il settore “turismo”, che ritengo unica possibilità di sviluppo, occorrerebbe prima creare dei presupposti. Questi presupposti sono innanzitutto la realizzazione di strade, porti e ferrovie adeguate ed, inoltre, creare le possibilità concrete, con incentivi di carattere finanziaro e fiscale, di attrarre investimenti importati per la realizzazione di alberghi e strutture ricettive “importanti” in quanto nel territorio manca una adeguata offerta. Come possiamo pensare e credere di lanciare il “turismo” se manca l’offerta ricettiva. Ma i turisti dove li facciamo alloggiare ?

Il mio non vuol essere un documento di accusa ma semplicemente un punto di vista diverso che spero aiuti qualcuno ad “afferrare” meglio una parte delle dinamiche interne ed esterne. Spero che questo ci porti a riflettere e fare autocritica su quanto sta succedendo nel nostro territorio e trovare lo spirito giusto e la forza per poter ripartire assieme sfruttando al massimo le esperienze acquisite e cercando di non ripetere gli errori del passato.

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