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“CASSANO INVEST”: COS’E’ E A COSA SERVE

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Lo scorso 22 dicembre il Consiglio Comunale di Cassano ha varato la “Cassano Invest”, società mista pubblico-privata. Una decisione presa a maggioranza, con il voto contrario delle opposizioni.

Sulla base dello Statuto, proviamo a capire cos’è la “Cassano Invest”, a cosa servirà e quale sarà la sua “missione”.

Si tratta di una società consortile a responsabilità limitata il cui capitale è al 51% pubblico mentre il rimanente 49% potrà essere nelle mani dei privati. La società ha sede presso il Palazzo Comunale, in piazza Moro e non ha scopo di lucro: il suo principale scopo è “promuovere lo sviluppo locale”.

Che significa, in pratica? Che cosa potrà fare la “Cassano Invest”?

Innanzitutto marketing territoriale ovvero far conoscere Cassano e le sue potenzialità a chi vorrà investire su questo territorio o conoscerlo meglio. Potrà, infatti, promuovere le potenzialità del territorio: prodotti, servizi, turismo con la partecipazione a fiere ed eventi.

Particolare attenzione all’insediamento di nuove imprese nell’area PIP. La società, infatti, potrà gestire l’area PIP, realizzare le infrastrutture e i fabbricati, vendere e affittare alle imprese, deindustrializzare, vendere energia elettrica.

La società, almeno sulla carta, potrà poi promuovere le nuove imprese, aprire mercati nuovi a imprese esistenti, fare formazione e ricerca. Il tutto, naturalmente, in collaborazione con enti territoriali (Regione, Provincia) e di categoria (imprese, sindacati, associazioni).

Chi potrà essere socio di “Cassano Invest”? Il Comune, si è detto, avrà il 51% mentre il 49% resterà a imprese private (selezionate: immaginiamo dal Consiglio di Amministrazione), banche, associazioni di categoria e organismi pubblici quali Università ed enti di ricerca. Tutti questi soggetti daranno vita alla Assemblea dei soci, organo vitale e importante della società.

Sarà l’Assemblea, infatti, a nominare il Consiglio di Amministrazione e il Presidente (che potranno essere anche esterni alla società stessa); deliberare sull’ingresso dei nuovi soci; approvare i programmi e dare indirizzi dl CdA: quest’ultimo avrà non più di cinque membri più un eventuale segretario esterno. Tutti i membri del CdA riceveranno una indennità ovvero un compenso: sarà l’Assemblea dei soci a deciderne l’importo.

E’ prevista anche l’istituzione di un Direttore Generale (che sovrintenda alla cura degli affari gestionali) e un non meglio precisato Comitato Esecutivo (che compare all’art. 26 ma di cui nello Statuto non sono descritte funzioni e composizione); stessa cosa dicasi per l’Amministratore Delegato, che compare nell’art.25 senza che venga ben circoscritto il suo ambito di operatività.

Che dire, dunque? Il nostro paese ha un brutto ricordo delle società miste pubblico-privato: ancora oggi, a oltre dieci anni di distanza, viviamo le conseguenze della scellerata decisione di creare una società quale la “Tributaria Intercomunale” ed affidare alla stessa una serie di funzioni poi finite nel mirino della magistratura e bocciate senza appello.

Ciò non significa che la storia si debba per forza di cose ripetere: toccherà ai cittadini, al Consiglio Comunale e alla libera informazione vigilare affinché si operi per il bene del paese e non contro di esso.

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