Cultura

PEPPINO PACIOLLA, UN TEATRO CHE INCANTA

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Grande prova di maturità artistica, quella che Peppino Paciolla offre con i tre “scherzi comici” andati in scena domenica scorsa (e programmati in replica per domenica 21 marzo).

Assieme ad una ridotta versione de “Gli amici del Teatro”, storica compagnia di teatro cassanese che Paciolla ha fondato e diretto una trentina  d’anni fa, il regista offre il meglio di sé nel primo “sketch” intitolato “I danni del fumo”. Solo, sulla scena, fa rivivere il dramma umano di ogni marito infelice, di ogni uomo una volta innamorato della propria donna, poi profondamente delusa da essa, tanto da restarne succube, schiavo. Il gioco è tutto nell’attesa della moglie che da un momento all’altro arriverà sulla scena per una delle solite scenate e mentre il marito-attore-Peppino fa critica e autocritica del suo rapporto coniugale ma anche della sua esistenza e del mondo intero (e interiore), gli spettatori attendono una donna-mostro che in realtà non arriverà mai. Fino a dubitarne perfino dell’esistenza.

Signori, questo è Checov, è teatro! E Paciolla ne interpreta perfettamente stati d’animo e umori. Alla fine sembra dire: ma quel mostro che attendiamo, non è forse in tutti noi, nel profondo di noi stessi, che rendiamo schiavi del nulla (o del tutto) i nostri desideri, i nostri sogni, la nostra felicità?

Gli altri due atti, viaggiano su binari più scherzosi e ciarlaneschi anche perché mentre lo scherzo di Peppino è recitato in lingua italiana, gli altri due sono in dialetto cassanese e dunque la risata è più scontata e facile. Ma questo nulla toglie alla complessità delle idee in scena, che ricalcano quelle del primo atto: non per nulla Peppino ha riadattato Checov in dialetto cassanese, lasciandone – a noi pare – integra la drammaticità universale dei temi e la leggerezza ironica con cui vengono trattati.

I bravissimi Mimma Rana e Vito Camastra, accompagnati da Mimmo Terrone, danno vita a “L’Orso”, che altri non è che un uomo tutto dedito al denaro, all’accumulo, alla giustizia personalizzata. L’Orso-Vito Camastra è deluso dal mondo, dalle donne (ancora loro), dai presunti amici; vive un’esistenza da assediato e aggredisce, sapendo che prima o poi sarà aggredito.

Ma la sua durezza si infrange contro quella che scoprirà essere il suo opposto: la Vedova-Mimma Rana è donna, ha deciso di ritirarsi a vita privata dopo la morte del marito, donnaiolo e dissipatore; si esprime con delicatezza e gentilezza ma poi si scopre avere un animo tutt’altro che tenero, pronta a battagliare e perfino a sfidare a duello chi osa attaccarla e contrastarla.

Può fra due soggetti del genere non nascere l’amore? Certo che no. E dunque i due opposti (all’apparenza) si attraggono e amoreggiano, mettendo da parte (per il momento?) le proprie rivendicazioni.

Per il terzo “scherzo” (“La domanda di matrimonio”) sono sulla scena una quasi esordiente Sandra Lionetti, Peppino Paciolla e uno strepitoso Mimmo Terrone che si esibisce in una delle scene più esilaranti che si siano mai viste nei lavori di Peppino.

Un contadino, oramai quarantenne, che decide di chiedere in sposa la figlia del suo vicino di masseria. Non c’è amore, solo sistemazione e forse anche per questo le dispute sulla proprietà, il possesso dei beni, l’onore della famiglia vengono prima del più nobile dei sentimenti. Il matrimonio fra Sandra e Mimmo si farà, ma più per “forza “ che per “volontà”. Questa continua ascesa di drammaticità viene resa da Mimmo Terrone con continui attacchi isterici che minano il suo corpo sempre più malandato. Sono scene che si vedono dagli albori della comicità ma proprio per questo o si rendono perfettamente o sono brutte e stupide a vedersi, diventando non comiche ma orribili. Ebbene, Mimmo Terrone è davvero straordinario nel far vivere al corpo del suo personaggio l’interiorizzazione del suo annientamento spirituale: una serie continua di tic, malanni, mancamenti che vanno di pari passo con il sempre più drammatico confronto con quella che sarà la sua futura moglie. Solo per vedere questa scena, vale la pena pagare il biglietto d’ingresso!

Si replica domenica 21 marzo alle 18.30 presso l’Istituto Suore del Sacro Cuore, via Mercadante al km.2 (il complesso che si trova andando verso l’Oasi Santa Maria, a destra).

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