Economia

NATUZZI, IL RESOCONTO DELL’ASSEMBLEA

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La vicenda Natuzzi aggiunge un altro capitolo alla saga che dura ormai da più di un anno.

Si è passati da una parvenza di sciopero, dove si contavano più strike breakers che scioperanti, fino agli ultimi protocolli d’intesa, come quello siglato lo scorso 19 maggio a Roma negli uffici del ministero dello sviluppo economico non poche preoccupazioni ha suscitato tale accordo.

Il vertice tra i sindacati e la direzione aziendale è avvenuto negli stabilimenti di via Jazzitello. L’incontro è stato solo di conoscimento; non si era andati in azienda per avviare una trattativa.

L’accordo prevede la creazione di tre brands di diverso mercato; dal più economico al più lussuoso. Se uno dei tre non dovesse rispondere al mercato, i lavoratori che si sono occupati si quel marchio saranno dirottati verso quello che sul mercato tira di più. Altro punto in programma è la flessibilità dell’orario di lavoro, in cui si dice all’operaio di lavorare anche il sabato e/o i giorni festivi per avere il turno di riposo infrasettimanale. L’azienda ha proposto di eliminare la pausa, sostituendola con un compenso economico. Dovrebbero sparire alcuni tagliatori, sostituiti da macchinari per tagliare la pelle. È prevista la proroga di un anno della CIG.  L’accordo prevede un nuovo assetto industriale e una maggiore riqualificazione dei lavoratori. Di tutto ciò i sindacati non sono entrati nel merito durante il vertice di ieri in azienda. Intanto è previsto un incontro il 1 giugno con il coordinamento degli RSU per valutare il piano industriale e in seguito il 7 giugno riunione nei vari stabilimenti per sottoporre ai lavoratori il piano industriale. L’obiettivo è che nessuno dei lavoratori rimanga fuori. Al momento sono in CIG circa 600 lavoratori che arriveranno a 900 nel prossimo periodo.

Questo è in sintesi il piano di rilancio proposto dall’azienda. Sembra un salto indietro di oltre 150 anni, agli albori della nascita dell’industria e del sindacato.

Di questo e degli altri punti si è discusso nella serata di ieri 25 maggio presso la Sala Margherita, a Santeramo, a meno di 200 metri dagli stabilimenti Natuzzi, dove si è svolta l’assemblea plenaria tra i lavoratori e i rappresentanti sindacali uniti dall’unico intento di salvaguardare quanti più posti di lavoro possibili. Presenti diversi lavoratori cassanesi impiegati nel gruppo Natuzzi.

Sul palco degli oratori erano presenti i rappresentanti sindacali che hanno partecipato a tutte le trattative e che erano presenti in azienda durante il vertice con la proprietà.

I contenuti dell’accordo presentato da Natuzzi sono stati illustrati da Crescenzio Gallo, che si è soffermato sull’importanza dell’azienda per il territorio e per la struttura sociale della zona. Il protocollo d’intesa prevede un altro anno di cassa integrazione e una serie di richieste pesanti per i lavoratori, che ieri sono accorsi anche con i propri figli, come cantava Ivan Della Mea nella sua “Oh cara moglie”, quando il lavoratore invitava la consorte e il figlio a prendere coscienza del problema del posto di lavoro. Erano assenti i vertici comunali, che comunque hanno fatto la loro parte in passato, incontrando lavoratori e azienda.

L’accordo firmato il 16 giugno 2009 prevedeva la CIG per circa 1500 operai e il direttore delle risorse Umane, dott. Francesco Basile, ha sempre partecipato alle assemblee, nelle quali si assisteva sempre al muro contro muro, che ha inasprito gli animi. Basile non aveva mai la disponibilità da parte dell’azienda di partecipare attivamente alle trattative sindacali Per questo motivo adesso si cerca di trattare e portare a casa il miglior risultato possibile.

C’è da dire che l’azienda non attraversa un periodo facile e i vari amministratori delegati che si sono susseguiti hanno potuto incidere ben poco e lo stesso. Al momento, l’unica soluzione di garanzia sono la CIG e gli ammortizzatori sociali.

Un passo importante è stato fatto con la creazione del coordinamento degli RSU, che avranno il compito non solo di contrattare, ma anche di verificare e decidere insieme ai lavoratori. La creazione del coordinamento ha costretto la direzione aziendale a rivedere i rapporti con i sindacati.

Hanno preso la parola anche gli RSU dei vari stabilimenti. Il primo, portavoce dei lavoratori di Ginosa, ha evidenziato il disincanto che si respira in azienda, dove parole come riqualificazione e formazione si sentono da sei anni, ma gli esuberi sono aumentati. Fino a poco tempo fa, operai che avevano mansioni importanti adesso sono fuori e chi è dentro, subisce ricatti e pressioni affinché vada via. A Ginosa la pressione è tanta e nel 2009 hanno raddoppiato la produzione con la metà degli effettivi.

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Il rappresentante di Laterza ha invitato i lavoratori alla massima attenzione, perché il nuovo piano industriale, sebbene in fase di trattativa, preveda l’eliminazione della pausa, sostituita con degli incentivi economico, estrema flessibilità dell’orario di lavoro, che porterebbe a lavorare i giorni festivi, ed estrema mobilità dei lavoratori.

L’RSU della sede centrale lamenta la scarsa presenza dei lavoratori alle assemblee e invita alla maggiore partecipazione. È un problema mai risolto, perché anche agli scioperi vanno chi il lavoro ce l’ha. Negli stabilimenti da sempre i lavoratori sono divisi in serie A e serie B e l’azienda ha sempre cercato di tenere fuori i sindacati. Non pochi sono stati cacciati in passato perché iscritti.

Un delegato sindacale è stato molto chiaro, dicendo che i lavoratori che sono fuori non rientreranno più e si punterà al riassorbimento degli esuberi da parte d’imprenditori che vorranno investire nella Murgia. I corsi e ricorsi storici, con “prenditori” che creano cattedrali nel deserto e impongono condizioni di lavoro estremamente difficili da accettare in cambio di sgravi e incentivi fiscali da parte del governo centrale.

L’azienda mira molto alla competitività e questo vuol dire abbattimento dei costi. Anche nelle vertenze sindacali manca di quelle nozioni basilari e considera il sindacato come mero interlocutore, ignorando cosa siano le trattative di secondo livello.

La posta in gioco è alta e con la crisi ancora incombente ottenere il miglior risultato sarebbe una vittoria per tutti, azienda e lavoratori.

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