Attualità

GIORNATA DEL RICORDO DEI MARTIRI DELLE FOIBE

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Il giorno del ricordo: un episodio in cui abbiamo perso una parte d’Italia  e di cui è giunta l’ora di prendere realmente coscienza, assumendo ognuno  la responsabilità di aver negato o in qualche modo ignorato la verità. Una verità ancora troppo giovane quella racchiusa nel tema delle foibe, che va oltre qualsiasi responsabilità di carattere politico, se non umano. Per questo è importante ricordare la sofferenza e il dolore che l’uomo stesso ha provocato all’altro uomo.

Essere liberi e costruire uno Stato fondato su principi di democrazia è possibile senza sopraffare il prossimo, ma essendo tutti portatori di pace in primis in sé stessi e nelle piccole cose, per aspirare poi ad un sentimento che abbracci l’intero globo. Per questo essere italiani significa soprattutto ricordare e riflettere su momenti storici che, come questo hanno profondamente segnato con la morte l’intero  popolo. Così si può essere cittadini del mondo.

 

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Con queste parole Cassano ha voluto ricordare il dramma consumatosi durante e subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, in occasione del quale numerosi italiani hanno dato la vita; tra questi  anche un cittadino cassanese, anch’egli infoibato, il carabiniere Rocco Masiello, di cui si persero le tracce e che poi si scoprì essere stato una delle innumerevoli vittime di tali eccidi.

Presenti alla celebrazione di tale rito, svoltosi nel parco “Martiri delle Foibe” nel quartiere Sacro Cuore nella soleggiata mattinata di sabato 12 febbraio, oltre a diversi studenti delle scuole di Cassano, il sindaco Di Medio, l’assessore alla cultura Sapienza, il presidente del consiglio comunale  Zullo, il vicesindaco del comune di Bitonto Damascelli, il consigliere Gemmato, i quali hanno partecipato con le lettura di alcuni brani tratti dal libro “I vinti non dimenticano” di Giampaolo Pansa,  caratterizzati da parole cariche di rabbia e dolore, che quasi inverosimilmente hanno cercato di esporre il dramma purtroppo realmente vissuto da gente di cui forse unica “colpa” era quella di essere italiani.

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