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RIFIUTI: CONSIGLIO DI STATO, SENTENZA DEVASTANTE

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In Comune non usano mezzi termini: la sentenza del Consiglio di Stato (n.7051/10) sul caso rifiuti è devastante per il nostro paese.

L’Associazione Temporanea fra Imprese “ATI Tradeco-Murgia Servizi Ecologici” che dal 2004 ha l’appalto della raccolta dei rifiuti urbani ha vinto il ricorso e fatto condannare il Comune di Cassano a 5mila euro si spese processuali ma soprattutto ha imposto l’annullamento di tutte le clausole del disciplinare di gara, del capitolato speciale d’appalto e dello schema di contratto che l’Amministrazione dell’epoca (a guida Gentile) detto nella gara per l’appalto.

Una gara che l’ATI vinse ma che già sapeva di né poter né voler rispettare in tutti i suoi passaggi. Scrivono, infatti, i giudici che il 24 settembre 2004 l’ATI stipulava il contratto con il Comune di Cassano eppure solo 24 ore prima, il 23 settembre, la stessa ATI aveva già presentato ricorso al TAR Puglia per alcune clausole del contratto “per eccesso di potere”.

Con una mano, dunque, l’ATI prendeva, con l’altra faceva ricorso.

E per cosa, poi? Secondo il re dei rifiuti della Murgia, Columella, alcuni articoli del contratto erano vessatori. Ad esempio, era previsto che se a fine anno non si fossero raggiunte determinate percentuali di raccolta differenziata, la conseguente sanzione prevista per legge doveva essere a carico della ditta mentre Columella la voleva a carico del Comune; lo stesso per i susseguenti aumenti della stessa sanzione, sempre che di anno in anno la percentuale di raccolta non fosse aumentata. Quali erano questi livelli “minimi”? Il 35% annuo su tutti i rifiuti: una percentuale che l’ATI giudicò altissima (e infatti nel 2010 si è arrivati a poco più del 7%) e dunque irraggiungibile.

“In sostanza – si legge nella sentenza – l’ATI sosteneva che fosse illegittimo traslare a carico dell’appaltatore le sanzioni previste a carico del Comune per il mancato raggiungimento di determinate percentuali di raccolta differenziata”. Su questo punto, il Comune vinse un primo ricorso al TAR Puglia, che condannò l’azienda appaltatrice. La quale, però, fece ricorso al Consiglio di Stato, questa volta vincendolo.

I giudici della Consulta, in definitiva, danno ragione alla Tradeco perché “l’obbligazione di risultato, richiesta dall’amministrazione, non è ragionevolmente conseguibile con il solo impegno dell’appaltatore. (…) il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata dipende dalla concorrenza di numerosi fattori”. Il Comune, insomma, non poteva tirarsi fuori da quegli obiettivi e doveva, invece, concorrere con la ditta appaltatrice nel conseguirli.

Le conseguenze di quella sentenza sono, oggi, sotto gli occhi di tutti.

 

Leggi il Testo Integrale della Sentenza del Consiglio di Stato: clicca qui.

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