Unire Memoria della Shoa e Foibe? Non ci sto!
Come insegnante non condivido la scelta dell’Amministrazione comunale di celebrare il giorno 11 febbraio il ricordo di due avvenimenti storici diversi.
E’ una decisione profondamente sbagliata ed inaccettabile perché contribuisce a creare confusione, disinformazione storica negli alunni e contraddice le motivazioni per cui il legislatore ha voluto istituire le ricorrenze storiche in date diverse e con diverse motivazioni:
Il Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita dal Parlamento italiano con legge n. 211 del 20 luglio 2000 aderendo ad una proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata in commemorazione delle vittime del nazismo e del fascismo, dell’Olocausto di un intero popolo con milioni di vittime dell’odio razziale.
Il testo dell’articolo 1 della legge definisce così le finalità del Giorno della Memoria:
«La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. »
In questi strani tempi appare sempre più necessario “ricordare” correttamente, perché uno spettro inquietante si appalesa sempre di più: quello del “negazionismo”. Si negano le deportazioni; si negano i campi di sterminio, dove all’uomo si è demolita ogni dignità; si nega la vigliaccheria dell’uccisione di bambini strappati alle loro madri a loro volta massacrate. Ritornano, sempre più spesso termini, frasi e giustificazioni intollerabili quali: – la Shoa è una invenzione dei Sionisti -.
Questo tentativo di negare che questo orrore è avvenuto serpeggia nei movimenti neonazisti e neofascisti europei, che ancora una volta si alleano con i Paesi musulmani più radicali (vedi Iraq) in una federazione davvero allarmante e pericolosa. Questa pratica va combattuta con determinazione, con leggi specifiche contro il negazionismo e che perseguano penalmente chi queste frasi scrive o pronuncia.
Esiste già una direttiva europea che va in questo senso e che il nostro Paese non ha ancora adottato e tramutato in legge.
Ma soprattutto questo scellerato tentativo di negare si combatte con la formazione dei giovani, che non può prescindere da una precisa lettura, analisi e riflessione degli avvenimenti storici nel loro contesto senza infingimenti e confusioni. Questa manifestazione va proprio nel senso opposto e rischia di alimentare la corrente ideologica del negazionismo.
D’altra parte confondere gli avvenimenti non fa onore neanche ai morti delle Foibe.
Morti che per molto tempo sono stati dimenticati e che hanno la stessa dignità e gli stessi diritti ad essere commemorati e che un’altra legge dello Stato (legge 30 marzo 2004 n. 92) ha provveduto a rivalutare istituendo il giorno del ricordo:
“La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata […] sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado…“
Perché dunque rimescolare le carte? Per rimediare al fatto che nessuna iniziativa è stata promossa il 27 gennaio? Che avrebbe reso discriminante il corteo dell’11 febbraio evidentemente già programmato.
Oppure una precisa scelta politica ed ideologica? O le due cose insieme?
La scuola non può essere coinvolta in scelte pedagogicamente e didatticamente sbagliate, (a tale proposito è bene chiarire che non è affatto vero che l’iniziativa è stata “concordata con la scuola elementare” come è stato detto; alla scuola primaria è giunto un invito, che non vuol dire concordare, a cui ogni insegnante sarà libero di aderire o meno).
Una comunità ha il dovere verso le nuove generazioni di essere “educante” .
La scuola fa bene il proprio dovere. Se altre Istituzioni vogliono contribuire lo facciano in modo efficace. In questo caso se gli obiettivi educativi sono quelli di evidenziare: l’orrore dell’odio razziale; l’assurdità delle guerre come sistema per risolvere le controversie internazionali; la negatività degli ideologismi di qualsiasi colore. Se questo è l’obiettivo allora, con spirito costruttivo faccio una proposta: l’ Amministrazione comunale inviti i protagonisti ancora in vita di queste tristi vicende a rendere testimonianza ai nostri giovani (si potrebbe chiamare qualche “erede morale” della scomparsa signora Elisa Springer sopravvissuta ad Auschwitz, autrice del libro “Il silenzio dei vivi”, in passato già ospite della nostra comunità, insieme ad un deportato o sfollato delle terre istriane scampato alle persecuzione dei “titini”).
Il racconto di chi ha vissuto sulla propria carne il dramma della persecuzione o della deportazione ha un grande impatto emotivo e rimane impresso nel cuore prima ancora che nella memoria.
Lo si faccia senza clamore, bande e cortei con autentico spirito di servizio.