Cultura

“Orgogliosi di essere…..” : il discorso conclusivo

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Pubblichiamo il discorso conclusivo dello storico e saggista prof. Antonio Giordano, tenuto in occasione del convegno “Orgogliosi di essere”, giornata conclusiva delle celebrazioni cassanesi del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, svoltasi presso la Sala Consiliare nei giorni scorsi.

 

Chiudere le celebrazioni dei 150 dell’Unità d’Italia, parlando della “Questione meridionale” rappresenta, per noi, un’occasione molto importante per riflettere su qual è la nostra identità oggi, su chi eravamo allora, su chi siamo oggi.

Indro Montanelli diceva : “Un Paese, che ignora il proprio ieri, non può avere un domani”.

Ebbene, il nostro “ieri” è quello dei nostri padri: il Sud della “dolente bellezza” come lo definì Carlo Levi, intellettuale, medico e scrittore torinese, quando vide Matera la prima volta. Fu talmente toccato dalla visione dei Sassi, che ebbe l’ispirazione per scrivere quella meravigliosa opera quale fu “Cristo si è fermato a Eboli”: una denuncia accorata sulle condizioni di vita disumane della popolazione contadina di Matera e, quindi, di tanta parte del Mezzogiorno.

Il nostro “ieri” è quello dei morti di pellagra nelle solfatare della Sicilia di Verga e dei Malavoglia; è quello della Sicilia di Leonardo Sciascia e e delle miniere di sale di Racalmuto, suo paese natale.

E’ il Sud dei “cafoni” di Fontamara di Ignazio Silone, dei “terrazzani del tavoliere, dei “pedi niuri” e dei “cucuzzari” di Scorrano.

E, quello, il Sud angustiato ed avvilito dalla sofferenza silenziosa, ma da essa sublimato.

E’ il Sud della grande dignità, del lavoro inteso come religione ed essenza della vita e della sopravvivenza; il Sud del dolore.

E’ il Sud che ci inorgoglisce e ci rende fieri.

Un Sud ingiustamente accusato di aver bruciato valanghe di denaro pubblico e sottoposto, spesso, a duri attacchi razziali e discriminatori.

Già all’indomani della realizzazione dell’Unità, Luigi Carlo Farini, inviato da Cavour a Napoli come luogotenente del Re, nella sua relazione, scrisse: “Altro che Italia! Questa è Africa. I beduini, a riscontro di questi cafoni, sono fior di virtù civile”.

Un attacco volgare e sconsiderato alla cultura ed alla spiritualità di un popolo; una grave offesa alla sua dignità.

Ecco sotto quali auspici nacque il processo di unificazione dell’Italia. Ecco come si manifestò, per la prima volta, l’antimeridionalismo.

Eppure lo stesso Cavour, riferendosi al processo di unificazione dell’Italia, preparata in appena due anni con l’ausilio di fattori interni ed esterni, disse che era stata << una forzatura storica >> che il popolo italiano non era pronto ad un cambiamento così radicale, ad una situazione del tutto uova e, perciò, sconosciuta nella sua reale sostanza.

Oggi, con orgoglio, il Sud rivendica il proprio passato e lo difende da chi, in tutta malafede, cerca di infangarlo con accuse false e prive di fondamento.

Ai signori della Lega Nord rispondiamo con le parole di Gaetano Salvemini, secondo il quale << Il Sud contribuì, dopo l’Unità, con un notevole sforzo economico a porre le basi della costruzione del nascente Stato. Un contributo frutto del duro lavoro e delle sofferenze silenziose, di un popolo abituato al sacrificio, alla modestia ed umiltà, all’onestà, sostenuto da un’antica saggezza e cultura della vita >>.

Il grande storico e meridionalista pugliese, Francesco Saverio Nitti, nel suo volume “Scritti sulla questione meridionale”, del 1958, al capitolo “Bilancio dello Stato dal 1862 al 1897, scrisse : << … In quarant’anni il Sud ha dato ciò che poteva, ha ricevuto assai poco, soprattutto ha ricevuto assai male.(…). L’esame dei bilanci e delle cifre ufficiali dell’Ufficio di Statistica provano ancora che il Mezzogiorno contribuiva assai più del Settentrione alle entrate dello Stato, poiché, possedendo il 27% della ricchezza, pagava il 32% delle imposte (…) e che, proporzionalmente al reddito, ogni settentrionale, che avrebbe dovuto contribuire per L. 74,27, pagava in meno L.5,77; ogni meridionale, che avrebbe dovuto sborsare L.45, 23, pagava in più L.8,52 >>.

Quindi, Salvemini pose in risalto anche il fatto che, mentre il Regno delle due Sicilie presentò un rendiconto passivo di circa 35 milioni di lire, il Piemonte, che era di gran lunga più esteso come superficie e più popoloso, ne presentò uno di circa 61 milioni di lire. A ciò va aggiunto che il 65% della moneta, che circolava nel Paese era del Sud e che, nel giro di pochi anni, fu trasferita al Nord, dove fu impiegata per realizzare opere nel campo dei lavori pubblici.

Giustino Fortunato, uomo politico e meridionalista di Rionero in Vulture, nel suo libro “ Dopo il misfatto, in Mezzogiorno e lo Stato italiano”, del 1911, fra l’altro, scrisse: << (…) i milioni dati in premio a un gran numero di fabbriche e di cantieri dall’Unità d’Italia, sono estorti, nella massima parte, alle povere moltitudini del Mezzogiorno non per proteggere il lavoro nazionale, ma per favorire, nel più dei casi, gli interessi dei pochi capitalisti >>.

E’ questa la risposta che noi diamo, una volta per tutte, ai signori della Lega Nord, che non perdono occasione per sputare nel piatto dove mangiano, offendendo brutalmente il nostro glorioso tricolore, il nostro inno di Mameli, per i quali hanno immolato la vita tanti nostri connazionali, tanti giovani eroi.

Questo è l’atro grande orgoglio di noi meridionali, di noi gente del Sud.

La risposta ai signori leghisti la dette, già nel 1904, l’onesto uomo ed illustre economista piemontese, dunque un “nordista”, Luigi Einaudi, il quale, nel suo interessante libro dal titolo “Prediche inutili”, scrisse :<< Si, è vero, noi settentrionali abbiamo contribuito qualcosa in meno ed abbiamo profittato di più delle spese fatte dallo Stato italiano (…) né vero che abbiamo spostato molta ricchezza dal Sud al Nord con al vendita dell’asse ecclesiastico e del demanio e con i prestiti pubblici; è vero che abbiamo ottenuto più costruzioni di porti, di scuole e di altri lavori pubblici (…). Dobbiamo essere che si cominci finalmente a diffondere un po’ più il sentimento di giustizia e gli strumenti materiali ed ideali della civiltà presso i nostri fratelli del Sud >>.

E, mentre i leghisti ci considerano “terroni”, “incivili”, “nemici della Padania”, per Einaudi siamo i “fratelli del Sud”, che sono in credito nei confronti del Nord.

E’, anche questa, una verità che ci inorgoglisce.

Circa la tanto ventilata “valanga di soldi bruciati dal Sud”, rispondiamo quanto segue:

–          é vero che gli interventi straordinari per il Mezzogiorno sono costati 260 mila miliardi, erogati dallo Stato al Sud dal 1950 al 1993;

–          è vero che lo Stato dirottò al Sud 50 mila miliardi di lire per la ricostruzione delle aree dell’Irpinia, colpita dal terremoto del 1980, oltre ad altri miliardi finanziati attraverso l’IRI, l’ENI e l’EFIM;

–          ma è, altresì, vero che il Sud grida vendetta perché nessuno mai ha spiegato dove andarono a finire tutti quei soldi e chi, di fatto, ne beneficiò, dal momento che il Sud, con dati di fatto alla mano, non ricavò alcun beneficio, se mai solo gravi danni ambientali, paesaggistici e naturali.

Primo fra tutti quello derivato da settori come la chimica e la siderurgia.

Leonardo Sciascia, in quello che noi consideriamo come un testamento storico-morale, scrisse:<< Tutti i fatti negativi di politica nazionale sono stati sperimentati qui, in corpore vili (…). No, non sono un pessimista, Né un qualunquista. Soltanto, continuo ad arrabbiarmi su una Sicilia che non riesce a diventare Europa: E soprattutto su un’Italia che rischia di diventare Sicilia >>.

Ebbene, dal 23 marzo 1861, anno dei costituzione del governo Cavour, il primo governo del Regno d’Italia, all’attuale governo Monti, si sono avvicendati ben 63 governi, ma il divario tra il Sud ed il Nord non è ancora stato colmato.

A subire le maggiori conseguenze sono i nostri giovani ( siamo ormai al 30% di disoccupazione giovanile), le donne, gli anziani, i meno abbienti e tutti coloro che, a stento portano il peso di una esistenza fatta di rinunce, sacrifici, privazioni.

La rinuncia, per tanti nostri giovani a continuare a vivere nella propria terra.

La rassegnazione di rimanere disoccupati a vita.

Questo è tanto Sud di oggi.

Un altro grande meridionalista avellinese, Guido Dorso, nella sua “Rivoluzione meridionale”, scrisse:

<< (…) il Mezzogiorno non ha bisogno di carità, ma di giustizia: non chiede aiuto, ma libertà. Se il Mezzogiorno non distruggerà le cause della sua inferiorità da se stesso, con la libera iniziativa e seguendo l’esempio dei suoi figli migliori, tutto sarà inutile (…).

Ecco di cosa ha bisogno il Mezzogiorno. Ha bisogno di prendere coscienza della propria condizione, di rinvigorire la propria dignità, di prendere coraggio, di tirare fuori tutto il suo orgoglio e l’antica saggezza e volontà >>.

Prof. Antonio Giordano

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