Attualità

Caponio racconta all’UTE l’esperienza della via Francigena

Alessandro Caponio

Il racconto dell’esperienza di Alessandro Caponio torna venerdì 16 novembre ad essere raccontata presso l’Università Terza Età di Cassano (P.za Garibaldi), a partire dalle ore 18.00. Il giovane maestro cassanese di nordic-walking – che da giugno a settembre scorsi ha percorso, a piedi e in solitaria, il tragitto della via Francigena (da Canterbury, nei pressi di Londra, fino a Roma) – racconterà con immagini, musica e parole quello che è stato non solo un cammino fisico ma interiore. Subito dopo l’arrivo a Cassano, intervistammo Caponio facendoci raccontare qualcosa in più del suo cammino, intervista poi pubblicata sul settimanale “La voce del paese” e che qui riproponiamo.

Dal momento in cui hai deciso di metterti in cammino, qual è stata la tua preparazione?

Dal punto di vista fisico, non occorre nessuna preparazione, bisogna solo amare camminare. Sulla strada ho incontrato tanti pellegrini che avevano più di sessant’anni compiuti. È tutta una questione di abitudine, il tuo corpo si adatta giorno per giorno, sei tu che stabilisci il ritmo. Quello che invece è fondamentale è partire con una forte motivazione, con una consapevolezza. Devi sognare quello che stai facendo, devi innamorarti dell’idea del cammino, ed è questo che ti aiuta a non mollare nelle situazioni di difficoltà.

Immagino che viaggiare in solitaria sia stata una scelta voluta. Che significato ha avuto per te partire da solo, quanto è determinante in un’esperienza simile?

È un’esperienza che consiglio vivamente di fare in solitaria. È un qualcosa di forte, quando sei da solo hai più tempo da dedicare a te stesso e riesci a svuotare la mente dalla quotidianità. Certo, è bello condividere alcune tappe, io l’ho fatto, per 500 km, con la mia compagna. Ma quando sei solo hai un’introspezione maggiore, non hai nessun tipo di condizionamento e, soprattutto, è più facile avvicinarsi agli altri.

Una curiosità: hai portato con te un amuleto?

Si, una pietra che mi ha regalato la mia compagna prima di partire. Non credo molto nelle proprietà delle pietre ma l’ho tenuta sempre con me. Il suo significato era energia, coraggio, positività. Poi, un frate, al passo del San Bernardo, mi ha regalato un tao, a cui sono molto legato. E soprattutto i miei fedeli bastoncini, mi sono aggrappato a loro anche mentalmente.

C’è stato un momento significativo che ti ha fatto capire che ne era valsa la pena?

Tutti i giorni, ma soprattutto quando sono arrivato al passo del S. Bernardo. È un posto meraviglioso e segna la metà del cammino. Si entra in Italia ed è il punto più alto, una prova molto importante, una tappa che aspettavo e temevo allo stesso tempo. Quando arrivi lassù capisci che è valsa ogni fatica. È un panorama indimenticabile, sono rimasto fermo dieci minuti, incantato.

Cosa ti è rimasto più nel cuore in questo cammino?

Il sorriso con cui ti accoglieva la gente. Quando sono giunto in Italia, ho voluto fare un piccolo esperimento sociale: in Inghilterra, Francia e Svizzera tutti quelli che incontravo e salutavo rispondevano al mio saluto. A partire da Aosta, era solo la metà della gente che incrociavo che rispondeva al mio saluto. È una cosa che mi ha turbato, mi ha fatto riflettere sul fatto che abbiamo perso l’abitudine all’accoglienza, alla socialità, allo scambio. All’estero sono stato accolto sedici/diciassette volte, in Italia, in due settimane, neanche una volta.

Un consiglio che daresti a qualcuno che volesse intraprendere la tua stessa esperienza?

Lo zaino è determinante: non deve mai superare il 10% del tuo peso. Sono partito con 15 kg sulle spalle, strada facendo sono diventati 9 kg. Un consiglio importante è poi quello di non programmare, occorre organizzare solo il minimo indispensabile. In un’esperienza del genere ti può capitare di tutto, devi seguire solo l’istinto, ovviamente senza tralasciare la sicurezza. E poi, consiglio di partire solo se si ha del tempo, senza date di scadenza che incombono.

Ti rimetterai in cammino?

Sicuramente, quando non lo so. Quest’esperienze non devono essere delle collezioni da fare, esiste un preciso momento nel quale decidi che è arrivata l’ora di rimetterti in cammino. Mi piacerebbe andare a Gerusalemme, ma credo che il prossimo cammino sarà quello per Santiago.

Cos’è la strada per te?

E’ compagna di viaggio e maestra di vita e di umiltà. Con una strada sei attaccato alla realtà, non puoi barare. La strada per me è un sogno.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *