La voce del paese

Colloqui genitori-insegnanti: cronaca semiseria di un mistero irrisolvibile

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Puntuale come il panettone o il bue e l’asinello nella grotta di Gesù, il tempo di Natale porta a tutti coloro che hanno un figlio a scuola (dalle elementari alle superiori) un appuntamento forse meno atteso ma non per questo meno interessante: IL COLLOQUIO CON GLI INSEGNANTI!

Trattasi – lo spieghiamo per chi non l’ha più da tempo o non ha mai avuto questa incombenza – di un rito laico: ci si mette in fila in lunghi e freddi corridoi, spesso bui tanto da non permetterti neppure la lettura di un giornale o di un libro; si attende di avanzare – a piccoli passi di formica –, verso la fatidica aula dove c’è IL PROFESSORE, nella speranza che non ci si sia sbagliati di stanza o che il figliolo non abbia sbagliato a scrivere il cognome del prof. sul post-it/mappa degli insegnanti.

Nel frattempo – molto “fra-tempo”: non meno di un’ora, un’ora e mezza – ci si conosce (?) con i genitori degli altri alunni parlando (in ordine cronologico): dei ragazzi che danno tanti problemi (“ma il mio, comunque, è un bravo ragazzo!”); del fatto che non mettono mai in ordine la stanza, che stanno troppo tempo su Facebook (la zia di Gianni Ciardo, è stata sostituita…ricorderete la battuta, spero), speriamo che non vanno con le brutte compagnie. Per poi passare alla critica (quasi mai costruttiva) sul professore di turno: chi è, cosa fa invece che insegnare, se giudica per simpatia/antipatia anziché sul merito.

Intanto la fila scorre (scorre?) e la stanchezza avanza, mentre si guarda sempre più in cagnesco quell’omuncolo che avanzando dinanzi a tutti, e dicendo di aver lasciato il figlio in fila, cerca di passare prima degli altri. Sarà vero? No? Nel dubbio, ci si astiene la fila si allunga….e l’omuncolo sorpassa tutti.

Capita poi, non raramente, di fare propositi positivi, del tipo: “al prossimo colloquio arrivo alle 15.00….mi piazzo davanti al cancello e sono il primo della fila….: e per gli altri insegnanti, come faccio?”

Oppure – meno positivo e tendente al tragico: “non ci vengo più, tanto lo so come va mio figlio…..!”.

Già, ed è questa l’altro tragicomico aspetto della storia: difficilmente ci si attendono sorprese dal colloquio col prof. Difficilmente si verrà a scoprire che l’adorato figlioccio che studia tutta la sera, poi ha beccato un 3 all’ultimo compito di matematica.

Perché la verità – da definizione – viene a galla prima ancora di essere scoperta e per tutti è come comprare un giornale: non vogliamo trovare soprese nelle opinioni che leggiamo ma che vengano confermate le nostre, di idee.

Intanto la fila scorre (scorre?) e qualcuno viene a mancare, nel senso che altri impegni lo chiamano da qualche altra parte, con la rabbia canina di chi ha fatto un’ora di fila per nulla; senza parlare – poi – di qualche prof. che dice a tutti quelli in attesa: “signori, alle 19.00 devo andar via….”

E giù le bestemmie di chi ancora attende nei corridoi….

C’è chi – anche per questo – dà la colpa a Monti o alla classe degli insegnanti “pagata per fare nulla, con tre mesi di ferie…..e un operaio che guadagna 600 euro al mese, quando li prende”. Non ci crederete ma l’ho sentito dire con le mie orecchie da una signora imprenditrice: forse si trattava di un qualche suo dipendente!

Perché, lo sappiamo tutti, l’altro grosso guaio è il fatidico incontro con gli insegnanti e l’approccio di questi con i genitori. All’inizio (della fila e dell’orario di ricevimento) è cordiale, disteso….si parla come se si stesse sorseggiando un thè con Carlo d’Inghilterra, discutendo di mille altre cose tranne che del rendimento dell’alunno o dello studente.

Ma a metà serata i ritmi si fanno più serrati e il colloquio sbrigativo per poi passare a due-parole-due per gli ultimi della fila: “sa, signora: il pullman non aspetta….”.

Un variegato mondo in miniatura, quello del popolo dei colloqui.

Che ha in sé i suoi misteri, uno su tutti: possibile che nessuno abbia ancora escogitato il metodo per far sì che possa esserci un meccanismo di prenotazione in modo tale che si facciano file umane, che si attenda giusto il tempo che l’altro genitore esca dall’aula, che vi possano essere incontri scambievoli di umanità tra genitori e insegnanti, al di là dei giusti ruoli e responsabilità, che mettano al centro dell’incontro l’alunno/studente più che il dovere di incontrarsi?

Attendiamo, dai nostri lettori, le proposte.

 

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