Cultura

Impegni concreti nel convegno di “No more- Difesa donna”

convengo no more

Creare una rete di concreta solidarietà e sostegno per le donne vittime della violenza di genere, che metta insieme le esperienze acquisite, i servizi sociali, le competenze sul territorio, in forte sinergia fra pubblico e privato sociale.

E’ l’impegno emerso l’altra sera, nell’ambito del convegno organizzato a Cassano dall’Associazione di Promozione Sociale “No more – Difesa donna” sul tema “Tragedia invisibile: norme e strumenti per la tutela, per la protezione ed il sostegno”, al quale hanno preso parte Giulia Sannolla, per la Regione Puglia; Ubaldo Pagano, coordinatore del Piano Sociale di Zona; Ivana Canevari, assistente sociale presso il Centro Antiviolenza “Il Melograno”, di Conversano e Rosamaria Scorese, sorella di Santa, giovanissima vittima della violenza, morta nel 1991.

In apertura dei lavori – coordinati dalla Presidente dell’Associazione nonché una delle animatrici del Centro Ascolto di Cassano, Raffaella Casamassima – il sindaco Vito Lionetti ha avuto parole di elogio per il lavoro che l’Associazione sta conducendo, “un impegno silenzioso ma prezioso – ha detto Lionetti – di cui sto sempre più scoprendo l’importanza, immersi come siamo in una società che è sempre meno solidale, pur essendoci tutti i motivi per cui dovrebbe accadere il contrario”.

Il sindaco ha raccomandato un significativo raccordo con la scuola perché già dai banchi si insegni il rispetto verso tutti tramite l’educazione e la conoscenza e si è impegnato con “No more- Difesa donna” perchè “vogliamo dimostrare il nostro supporto non solo con le parole ma con i fatti”.

Fatti concreti anche quelli messi in campo dalla Regione Puglia, come ha spiegato Giulia Sannolla che da Funzionaria presso l’Assessorato al welfare è stata una delle autrici della legge (la n. 92 del 2014) sul sostegno alle donne vittime di violenza di genere, una delle più avanzate d’Italia, che mira a scardinare “la violenza come fatto strutturale, che si annida nella nostra cultura, nei rapporti di coppia” e lo fa attraverso una rete regionale fatta di diversi nodi ovvero i Centri Antiviolenza, i Centri Ascolto, le Case-rifugio, che possono contare su una dotazione iniziale di 900mila euro oltre ad altri 700mila che arriveranno dal Governo. Questa rete, nelle intenzioni del legislatore regionale, deve riuscire a raccogliere segnali spesso deboli e intermittenti del diffuso disagio sociale perché “dobbiamo smetterla di far finta di non vedere e non sentire”, ha concluso la Sannolla commentando una toccante lettera di una mamma che le aveva scritto dopo il suicidio di sua figlia, vittima della violenza del papà, a soli 18 anni: una violenza che la donna non era riuscita a leggere e interpretare.

L’intervento di Ubaldo Pagano, che ha sottolineato come quello cassanese fosse l’unico appuntamento sul tema in tutti i Comuni dell’Ambito, segno che dell’argomento di dibatte ancora poco, è servito a capire lo stato dell’arte in materia di aiuto alle vittime, nel nostro Ambito. “C’è poco e nulla – ha detto Pagano – anche per la scarsità di risorse umane e per un quadro legislativo poco chiaro” ma certamente il fenomeno esiste: “ho ricevuto, finora, solo 3 segnalazioni di casi di violenza ma sicuramente il fenomeno è sommerso e va fatto emergere” ha detto Pagano. Il quale ha aggiunto che con la nuova legge regionale e le forze del privato sociale e del volontariato che stanno emergendo, la promessa è quella di un maggiore impegno su queste problematiche, con la creazione, anche nell’Ambito 5, di alcuni nodi di questa rete, in simbiosi con il Distretto socio-sanitario.

L’urgenza di intervenire sul nostro territorio creando strutture e luoghi idonei è data da alcuni numeri snocciolati dalla Canevari, assistente sociale presso il Centro Antiviolenza “Il Melograno”: “solo nell’anno 2014 (che non si è ancora concluso, nda) si sono rivolte a “Il Melograno” circa 48 donne, con una media di quasi 4 ingressi al mese, provenienti da Conversano, Polignano e Monopoli ma anche da altri comuni della provincia di Bari; questi dati però – ha spiegato l’assistente sociale – non mi permettono di restituire gli occhi, la voce e la forza alle donne che ogni giorno incontro nel mio lavoro. Sono donne diverse, per età e religione; donne provenienti da differenti estrazioni sociali, economiche, culturali e territoriali. Questo ci deve  far riflettere:  la violenza è purtroppo un fenomeno trasversale ed  esteso, che si sviluppa nell’ambito dei rapporti d’intimità, perché lì trova terreno fertile: nello squilibrio relazionale tra i sessi, nel desiderio di controllo  e possesso da parte del genere maschile su quello femminile”.

La Presidente di “No more – Dfesa donna” ha parlato quindi della esperienza che l’associazione ha avviato come Centro Ascolto per le vittime di violenza, dopo una lunga formazione delle volontarie che lo animano, con una trasparente valutazione del rischio nei confronti delle donne che decidono di rivolgersi al Centro “ma senza che noi diciamo loro cosa devono fare, senza giudicarle, senza fare ulteriori pressioni psicologiche più di quante ne subiscono” ha spiegato Raffaella Casamassima, rivelando che presso il centro cassanese si siano rivolte non solo donne residenti nel nostro paese ma anche di altri paesi limitrofi.

“Ma adesso è necessario fare rete – ha detto la Presidente – e di mettere assieme le esperienze per un intervento organico sul territorio”.

Scioccante, nella sua semplice crudeltà di una storia di ordinaria violenza che potrebbe colpire chiunque, la testimonianza di Rosamaria Scorese che ha raccontato la vicenda umana e religiosa di sua sorella Santa, vittima di uno “stalker” (ma nei primi anni ’90 il fenomeno non lo si conosceva in questo modo) che per tre anni non le ha dato tregua, fino ad ucciderla, sotto gli occhi impotenti di suo padre.

Forse anche grazie a quel sangue versato – come nella tradizione martirologica della Chiesa Cattolica, di cui la ragazza barese era fedele – è cresciuta la consapevolezza nella società che lo “stalking”, la follia omicida, la persecuzione irrazionale non sono “cose che capitano” ma fenomeni umani che vanno compresi e combattuti perché non ci siano più vittime.

Oggi di Santa – riconosciuta dalla Chiesa come “serva di Dio” ed in attesa del riconoscimento della beatificazione perché “martire in spregio della fede” – ricordiamo l’immagine che sua sorella ha restituito nel suo racconto “nella sua bara volli vestirla con un abito rosso, una scelta in quel momenti istintiva, quasi irrazionale per qualcuno che la voleva vestita di bianco…..ma io non ebbi esitazioni e volli quell’abito, quel colore, per ricordare di Santa la vivacità e la gioia di vivere ma anche la tonalità del sangue che questa ragazza ha dovuto versare perché tante altre donne non soffrissero più”.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *