Cronaca

Condanne definitive per quattro cassanesi affiliati al clan Di Cosola

tribunale

Condanne definitive per alcuni degli affiliati cassanesi al clan mafioso dei “Di Cosola”, finiti nella rete della Polizia nel 2010 durante l’operazione “Hinterland”, condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia.

La Suprema Corte di Cassazione, infatti, ieri  ha chiuso definitivamente il capitolo giudiziario della vicenda confermando le pene già inflitte in primo grado e in appello.

Fra le 18 persone arrestate quest’oggi dalla Polizia per scontare la pena ci sono i “cassanesi” Stefano Barbetta, 44 anni, detto “Stefanino” (foto sopra), pluripregiudicato barese ma domiciliato a Cassano, condannato a 9 anni di reclusione;  Fabio De Girolamo, di anni 28, condannato ad anni 1 e 17  giorni di reclusione;  Sabino Magaletti, di anni 42, condannato ad anni 4 e mesi 8 di reclusione; Michele Terlizzi, di anni 31, condannato ad anni 1, mesi 8 e.16 giorni di reclusione.

Ad operare la Polizia di Stato di Bari e di altri comuni della provincia, a Taranto, Foggia, Vicenza, Bologna e Vasto  in esecuzione all’ordine di carcerazione, emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari. Il provvedimento costituisce l’epilogo giudiziario dell’operazione “Hinterland” portata a termine il 5 novembre del 2010 dalla Squadra Mobile di Bari, con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 92 persone, appartenenti all’organizzazione di tipo mafioso denominata clan “Di Cosola”, operativa a Bari e nell’hinterland barese.  Diversi i reati contestati, fra cui l’aver atto parte di un’associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico ed alla commercializzazione al dettaglio di sostanze stupefacenti.

Le indagini si svolsero anche con l’ausilio di “collaboratori di giustizia” come il cassanese Pasquale Lazazzera che disegnò scenari e vicende legate anche al nostro paese.

Nonostante la presenza pervicace e insidiosa nella vita cittadina da parte di questi e di altri elementi della criminalità organizzata, l’Amministrazione Comunale dell’epoca non ritenne di costituirsi parte civile in quel processo penale (leggi l’articolo), una scelta molto discutibile che invece, oggi, avrebbe potuto portare qualche minimo beneficio alla nostra comunità se non altro in termini di immagine.

 

 

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