Economia

Licenziamenti Natuzzi, coinvolte tredici famiglie cassanesi

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Tredici famiglie cassanesi col fiato sospeso, quest’oggi, per quello che potrebbe essere l’ultimo atto della lunga vicenda dei cassaintegrati della Natuzzi, l’azienda santermana che qualche giorno fa ha spedito le lettere di licenziamento a circa 340 operai a cui è scaduta la Cassa Integrazione a zero ore.

Tanti, infatti, sono gli operai della Natuzzi che vivono a Cassano che oggi guardano con speranza all’incontro convocato dall’Assessore Regionale al Lavoro, Leo Caroli per scongiurare i licenziamenti e convincere l’azienda a ritirare le lettere.

Una impresa praticamente impossibile dato che, come spiega una nota della Natuzzi “Considerata la richiesta della Regione che – come “condizione per avviare ogni discussione” – chiede all’azienda il ritiro dei licenziamenti per i collaboratori del sito di Ginosa e la presentazione di un Piano Industriale alternativo (a “esuberi zero”), che preveda il riassorbimento di tutti i collaboratori, il Gruppo dichiara di non poter accogliere le condizioni poste dalla Regione Puglia, essendo le stesse fuori dagli Accordi Sindacali e Istituzionali sin qui siglati dall’Azienda, all’interno dei quali ha sempre operato e continuerà a farlo, con lealtà, serietà e senso di responsabilità. Il 14 ottobre del 2015, infatti, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, è stato siglato un Accordo Sindacale, sottoscritto dai sindacati nazionali e territoriali, dal Ministero del Lavoro, dal Ministero dello Sviluppo Economico e dalle stesse Regioni Puglia e Basilicata, che prevedeva – dopo più di un decennio di ammortizzatori sociali – un ultimo periodo di 12 mesi di cassa integrazione per cessazione delle attività di Ginosa, non rinnovabile.

La firma di quell’Accordo, come autorevolmente e onestamente dichiarato dal Vice Ministro dello Sviluppo Economico On. Teresa Bellanova durante la cabina di regia del 13 ottobre scorso, sanciva anche la volontà delle parti di porre fine a un decennio di cassintegrazione che, pur avendo sostenuto il reddito dei collaboratori, non ha visto il realizzarsi delle condizioni per un loro rientro nelle attività produttive Natuzzi e non ha agevolato la loro ricollocazione presso altre aziende. Anzi, il perdurare della Cassa Integrazione si è ritorto contro le stesse aziende che vi fanno ricorso. È di pochi giorni fa la notizia dell’ennesimo blitz della Guardia di Finanza che ha scoperto ben 191 lavoratori in nero sul territorio pugliese, molti dei quali in cassintegrazione e operanti nel settore del mobile imbottito.

Natuzzi conferma il suo impegno a costituire una New.Co. che svolga nel sito di Ginosa le attività di taglio del poliuretano per le imbottiture attualmente svolte all’esterno. Conferma che è disponibile ad attivare questa New.co entro i prossimi 12-18 mesi, ovvero nei tempi necessari alla riconversione industriale del sito di Ginosa. La New.co., in base al Piano Industriale presentato dal Gruppo alle parti lo scorso settembre, consentirebbe la riassunzione di circa 104 collaboratori dei 290 attualmente in esubero. 

Qualunque ulteriore periodo di Cassa Integrazione non risolve nessuno dei problemi strutturali legati alla non ricollocazione dei collaboratori, non è funzionale all’implementazione del Piano industriale della New.co.  e rischierebbe solo di allungare i tempi di un vero rilancio dell’economia di un territorio che non può più basarsi sulla cassaintegrazione e sul sommerso”.

Non mollano, però, i sindacati, in particolare l’Usb che da sempre si batte per il reintegro di tutti i cassaintegrati e non solo di alcuni fra essi, una posizione solitaria fino a qualche giorno fa, in contrasto con quella della triplice (Cgil-Cisl-Uil) a cui l’Usb rimprovera di non aver voluto vedere fino a qualche giorno fa quello che la Natuzzi stava preparando.

Spiega l’Unione di Base: “la Natuzzi ha applicato il Contratto di Solidarietà ad una parte dei suoi dipendenti. Mentre la restante parte è stata trasferita a Ginosa, uno stabilimento già chiuso, collocata in Cigs a zero ore per cessazione di attività e in attesa del licenziamento adempiento ad accordi sottoscritti. Ma non solo, a settembre 2015 è stato siglato un Contratto di Sviluppo, in cui si concordava che la Natuzzi avrebbe percepito 38 milioni di euro in cambio del mantenimento di 1918 posti di lavoro nel territorio. L’industria santermana però contava in tale data 2341 dipendenti. Nessuno le ha chiesto ma se ti impegni a mantenere in organico solo 1918 unità, gli altri che fine fanno? Nel protocollo d’intesa non è stata posta una sola clausola che percepire i soldi pubblici l’azienda deve garantire di non procedere a licenziamenti nel prossimo futuro. Quindi è chiaro che Natuzzi finora ha rispettato gli accordi firmati dai suoi complici, ossia pseudo-sindacalisti e politicanti spregiudicati. L’Unione Sindacale di Base, non a caso, non ha mai chiesto il rispetto degli accordi, ma la correzione degli stessi, in quanto lesivi degli interessi dei lavoratori e della comunità più in generale.
Tuttavia, ci sono altri accordi che devono essere rispettati. Sono quelli che non sono mai stati sottoscritti formalmente, ma comunque ratificati attraverso strette di mano, pacche sulle spalle, sudore versato sui banchi di lavoro e sguardi negli occhi. Questi accordi sono stati presi direttamente da patron Natuzzi con i lavoratori, quando quest’ultimi si spezzavano la schiena, a volte anche febbricitanti, per consentire all’azienda di affermarsi sui mercati ed in cambio continuare a mantenere la dignità di riuscire a portare onestamente il pane a casa e non di essere cacciati via con l’etichetta di esubero strutturale”.

Proprio alcuni lavoratori aderenti all’Usb in questi giorni stanno bloccando il sito produttivo di Jesce 2 da cui non entra né esce alcun mezzo per consegnare o distribuire merce.

L’Usb, infatti, chiede la revoca dei licenziamenti e il reintegro di tutti i lavoratori nella produzione dell’azienda santermana. 

 

 

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