Cultura

I Malavoglia e Libera ricordano le vittime delle mafie

IMG 8567

“Gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe degli altri uomini”. Questo amava dire Giovanni Falcone sulle cui orme gruppi di ragazzi come quello dei Malavoglia (associazione di volontariato cassanese) in collaborazione con il presidio di “Libera” Cassano, continuano a portare avanti, nella vita di tutti i giorni, l’esempio di un uomo vittima dell’ignoranza, del silenzio e della violenza di quella bestia chiamata mafia. Il nome di Giovanni Falcone si mescola anche ai tanti nomi di uomini e donne comuni assassinati dalla ‘bestia’: 63 riconosciuti solo nella regione Puglia.

Nomi elencati, il 21 marzo, nel silenzio dell’ oratorio Santa Maria Assunta, dove i Malavoglia e i ragazzi di Libera hanno voluto celebrare la Giornata della Memoria per le Vittime di Mafia.

In occasione di questa giornata, è stato presentato il lavoro finale di un percorso che l’associazione ha intrapreso, a partire da ottobre, con alcuni degli studenti della Scuola Media “Vincenzo Ruffo” di Cassano delle Murge. Un percorso sulla legalità che ha coinvolto i ragazzi, tutti alla loro prima esperienza recitativa, nella rappresentazione teatrale “Per questo mi chiamo Giovanni”, ispirata all’omonima opera del giornalista e scrittore Luigi Garlando.

Ad introdurre la rappresentazione c’è stata la proiezione di alcuni spezzoni di film tra i più significativi degli ultimi anni come Fortapàsc, I cento passi, Alla luce del sole e Paolo Borsellino.

“Per questo mi chiamo Giovanni” è una storia di vite ed esperienze parallele vissute nella complessa e contraddittoria città di Palermo; è un dialogo tra padre e figlio, che narra la volontà di non dimenticare e di continuare a camminare a testa alta, nonostante i mille tentacoli velenosi e assurdi di quella ‘piovra’ chiamata mafia. Una piovra enorme che ha fatto da sfondo alla scenografia e poi allegoricamente è stata rappresentata in una coreografia. Il piccolo Giovanni vive nella sua quotidianità la piaga dell’omertà, malattia che si insinua anche a scuola, tra i più piccoli, e suo padre Claudio decide di raccontargli l’origine del suo nome, legata alla storia di un uomo che ha avuto il coraggio di portare avanti le proprie idee e di lottare contro quel mostro che flagella da troppo tempo il nostro Paese. In quel terribile 23 maggio 1992 a Capaci, mentre cinque vite venivano ferocemente strappate alla vita, nasceva il piccolo Giovanni. Nel suo nome è segnata la strenua volontà di non dimenticare, non abbassare la testa e non restare in silenzio, perché “la mafia uccide e il silenzio pure” come urlava Peppino Impastato.

Impastato ed altre celebri vittime delle mafie, come Giancarlo Siani, Don Pino Puglisi, Angelo Vassallo, Carlo Alberto dalla Chiesa, sono stati ricordati in una mostra dal titolo “Gente che spera” allestita nell’oratorio e organizzata dalla redazione del giornale “Si può fare”. Tanti piccoli ceri ad illuminare i volti di coloro che hanno lottato usando come uniche armi quelle della parola, della pace, della libertà.

La giovane età di coloro che hanno organizzato e partecipato a questa commemorazione è un esempio per tutta la comunità, perché resta ancora attuale il monito di Paolo Borsellino: “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.”

 

Fotografie di Raffaele Fiantanese

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *