Piazza Adua si fa bella grazie ai volontari e agli amministratori
Volontari dell’associazione “Centro Storico di Cassano delle Murge”, amministratori comunali e semplici cittadini tutti insieme per ripulire Piazza Adua, una delle zone più abbandonate e degradate del Centro Storico cassanese.
Coadiuvati dal personale dell’azienda locale “Vivai Pichichero”, che ha messo a disposizione uomini e mezzi specializzati, il gruppo – con in testa il sindaco Vito Lionetti, il vice sindaco Davide Del Re, gli assessori De Grandi, Battista e Marazia, i consiglieri Greco e Pallavicino – l’invito è partito dall’associazione per cominciare a dare un segnale, non solo simbolico, di una possibile “ri-generazione” della parte più antica di Cassano.
Calce biancasulle scritte e sui graffiti dei muri, potatura di siepi e di alberi, aratura del terreno e pulizia delle aiuole hanno impegnato per tutto il pomeriggio volontari e amministratori.
Dopo un primo, scettico momento da spettatori, anche alcuni residenti della zona hanno preso rastrelli e scope e si son dati da fare a ripulire e rendere un tantino più decente la piazza (comunque poco godibile, con quell’orrendo cemento a faccia vista delle aiuole, che nulla ci “azzecca” con la storia di quei luoghi….).
Non sono mancate, da parte di qualche cittadino, le giuste rimostranze nei confronti di un ben individuato gruppetto di ragazzi che ogni sera stazionano in zona, deturpando, scrivendo e sporcando muri e suppellettili. “Non sappiamo più cosa fare – ha detto un signore ai rappresentanti dell’Associazione che pazientemente hanno ascoltato il suo sfogo – le abbiamo provate tutte, chiamando i Carabinieri, la Polizia Municipale…provando a parlarci…nulla”.
C’è chi ha proposte l’uso delle telecamere, chi una maggiore presenza delle forze dell’ordine oppure una maggiore vivibilità delle diverso zone del Centro.
A nostro parere occorrerebbe andare alla causa del problema e chiedersi, ad esempio: perché ci sono giovani e giovanissimi che sentono l’esigenza di imbrattare luoghi della memoria storica di questa comunità? Cosa li spinge a non considerarli una “cosa propria”? Come abbattere quel sottile ma duraturo confine fra appartenenza e residenza?